ESCLUSIVA TUTTOREGGINA/ Andrea Zanchetta: «Che emozione i diecimila di Perugia. Lo spareggio col Verona la mia delusione più grande»

Vi sarete accorti di come TuttoReggina.com si stia avvicinando alla partita con il Verona intervistando tantissimi protagonisti dei giocatori scesi in campo nello spareggio. Dopo Taibi, Foschi (nel 2001 ds gialloblù) e Mamede, è il turno di Andrea Zanchetta.
Una sola stagione, ma intensa, in riva allo Stretto: 24 presenze, condite da 5 reti. O meglio, 6 reti: perché nei conteggi ufficiali non compare quella messa a segno nella gara di ritorno dello spareggio con il Verona, che valse il momentaneo 1-0. In campionato, gol alla Fiorentina, al Bologna, al Napoli, all'Atalanta e al Perugia. Quest'ultima alla 33^ giornata, con diecimila tifosi amaranto al "Curi": vanificata in parte dal pareggio di Materazzi. Quella vittoria, sfumata, avrebbe significato la permanenza certa in Serie A. E quella punizione telecomandata, Andrea Zanchetta se la ricorda bene.
Di seguito, l'intervista esclusiva rilasciata ai microfoni di TuttoReggina.com.
La stagione 2000-2001, l'unica per te in amaranto, fu stranissima: male l'andata, spettacolare il ritorno. Motivi?
«All’andata non lo so cosa successe. Ogni domenica, a Reggio, bastava l'adrenalina che ti trasmetteva il pubblico a farti correre: c'erano sempre 30 mila persone. Eravamo partiti forte, vincendo contro l'Inter. Poi, a dire la verità, avevamo giocato bene anche altre 3 o 4 partite, ma raccogliendo zero. Alla 2^ giornata non meritavamo di perdere a Firenze, così come alla 3^ in casa con il Lecce. Così, piano piano, c’è mancata un po’ di convinzione: nonostante buone prestazioni, i risultati non arrivavano. E in A, diventa pesante se prendi il filotto negativo. Così siamo sprofondati, perdendo 9 gare di fila. Anche se devo dire che abbiamo avuto sempre i tifosi dalla nostra parte, eccezion fatta per la gara casalinga col Brescia. La forza nostra, nel girone di ritorno, è stata tirare fuori un grande carattere. Ci diede la spinta. A livello personale, fu una stagione molto buona, con un girone di ritorno strepitoso a livello di squadra. C'era un gruppo molto unito e coeso. Tutti ragazzi intelligenti, responsabili. Così come la società: dopo un brutto girone di andata, è stato bravo anche il presidente ad avere la forza di non cambiare allenatore. E siamo risaliti alla grande».
Hai citato la sconfitta interna con il Brescia e i relativi disordini. Cos'hai provato in campo?
«Non è stato un’episodio da andarne fieri. Noi eravamo presi dalla situazione e ragionavamo poco in campo. A mente fredda, devo dire che mi sono sentito intimorito e un po’ disgustato. La contestazione è legittima, ma in maniera civile e senza episodi di violenza. Quando succedono quelle cose, ti intristici. Ci tengo a sottolineare quanto detto prima: fu un epiosodio spiacevole, ma assolutamente sporadico. Tra l’altro non venne mai nessuno all’allenamento a contestarci, anche se stavamo facendo pietà».
Il fatto che Foti non avesse deciso di esonerare Colomba, in che modo rappresentò una molla?
«E' stato mportante avere Colomba su quella panchina perché ha sempre cercato di dare tranquillità, senza mettere pressione. Anche se sapeva di rischiare il posto: i "Colomba vattene" arrivavano, così come le pressioni e le voci. Lui è rimasto sempre incredibilmente sereno, dando tranquillità anche alla squadra. Forse ci siamo sentiti in dovere di ripagarlo».
In quell'anno hai segnato diversi gol. Ma quello di Perugia, per l'importanza che stava assumendo in quel momento, forse è il più bello...
«Quella fu una gioia impressionante: 10 mila persone arrivate da Reggio, sembrava di giocare in casa. C'era tutta la curva amaranto. Purtroppo, il mio gol fu poi vaniificato dal pari di Materazzi».
A Reggio avevi ritrovato Marazzina, tuo compagno di squadra per gran parte della tua carriera...
«Con lui mi lega un rapporto fraterno. Ci siamo incrociati all’Inter da ragazzini, in Primavera: da lì, sempre insieme. A Foggia, a Chievo, a Reggio. Poi ci siamo separati, ma solo sul campo. E’ uno di quei rapporti che nascono nel settore giovanile, dove ti capisci al volo e traduci l'intesa sul campo. In carriera mi è capitato con pochi calciatori: Marazzina e Tiribocchi con tutti. Proprio per questo motivo, per me era importante che giocasse».
Nell'unica vittoria al "Bentegodi" contro il Verona (0-3), partisti dalla panchina. Che ricordi hai?
«A dire la verità non me la ricordo benissimo, anche perché quel tremendo spareggio ha offuscato un po' tutto. Però mi ricordo la sfida con il Verona sul neutro di Catania: pareggiammo 1-1, fu un po’ una mezza liberazione, visto che venivamo da 9 sconfitte consecutive e giocavamo sempre con tanta paura addosso».
E dopo 10 anni, la Reggina riaffronta il Verona. Che ricordo hai dello spareggio?
«Personalmente, ogni volta che mi fanno questa domanda mi viene il magone. Rappresenta la delusione più grossa della mia carriera. Sono retrocesso anche a Lecce, ma in un’altra maniera. Con la Reggina, invece, al termine di una una rimonta strepitosa. Dopo uno spareggio in cui meritavamo noi. Invece siamo stati beffati a 10’ dalla fine. Mi ricordo tutto di quel periodo, come un film che mi passa davanti ogni volta. Mi ricordo le azioni, mi ricordo di un gran colpo di testa di Dionigi nel finale, dopo il 2-1, e la gran parata di Ferron».
Sensazioni ed emozioni all'andata e al ritorno?
«L’andata dello spareggio è stata un po’ particolare, giocata in maniera molto prudente. La prima partita, se vuoi rischiare, rischi grosso. Meglio giocarsela in casa. Però di quell'andata ricordo soprattutto di aver giocato con il dolore a un braccio, mi ero infortunato praticamente sùbito. Non era stata una gran partita. Avevamo però sfiorato il pari nel finale, negatoci dall'ennesima parata di Ferron. Al ritorno, invece, eravamo riusciti a rimetterla in piedi, portandoci sul 2-0 e gestendola anche abbastanza bene. Gli ultimi 20’ forse ci siamo abbassati troppo, ma era inevitabile: c'era un caldo allucinante e ci si giocava tutto. Poi, alla fine, un suicidio generale: in quella stagione, non avevamo mai fatto il fuorigioco in vita nostra. Siamo saliti, e Cossato è rimasto in gioco».
Ricordi invece la tensione pregara?
«Ricordo che eravamo andati in ritiro una settimana, a Gallico. Ero in camera con Dionigi, non abbiamo dormito per niente: è già tanto se abbiam dormito 6 ore in tutto. Durante la notte, gli dicevo: "Davide, dormi?". E lui: "No, per niente". E parlavamo sempre della partita. Ho questo flash».
E nel post gara?
«Dopo la partita è successo un po’ di tutto (ride, ndr). Poi, rientrati nello spogliatoio, in tanti piangevano. C'era una grande delusione. Mi ricordo che Colomba disse di essere orgoglioso di noi, visto che avevamo dato tutto. E lo testimoniava l'applauso della gente: se retrocedi in casa, e non ti fischiano, vuol dire che qualcosa di buono l'hai fatto».
Ora sei un collaboratore tecnico, ti occupi più che altro del settore giovanile della Cremonese...
«Sì, ogni giorno vivo il settore giovanile e cerco di trasmettere la mia esperienza e i miei consigli sulla tecnica».
Sei comunque riuscito a vedere la Reggina quest'anno?
«Ogni tanto guardo il campionato, ma la Reggina, quest'anno, nn l’ho vista tantissimo. L’anno scorso l'ho seguita maggiormente: con un pizzico di fortuna in più, avrebbe potuto vincere a Novara. E magari, oggi, giocare in A. Il gol Cossato e quello di Rigoni sono la dimostrazione di come a volte basti un episodio per cambiare tutto».
Il Verona, invece, l'hai seguito?
«Sì, ho visto due o tre partite perché mi piace guardare la squadra che allena Mandorlimi, tra i tecnici più bravi che ci sono in circolazione. Personalmente, l’ho avuto a Vicenza: mi piace il suo modo di giocare, propone un bel calcio. A Verona, poi, hanno sempre un pubblico attaccato, che anche a loro dà una grande mano e una grande spinta. Inoltre, vengono da risultati buoni».
Quindi, la reputi una sfida equilibrata...
«In B non si può parlare di squadra che dominano. Questa partita è equilibrata, sì, ma verso l’alto. Entrambe le squadre potranno dire la loro. Le vedo in zona playoff anche a fine anno: si equivalgono».
Domanda d'obbligo: se la Reggina si fosse salvata, tu saresti rimasto a Reggio?
«E' una domanda che mi faccio spesso (sorride, ndr). Credo proprio di sì: la mia carriera sarebbe stata tutta un’altra cosa. Per carità, sono comunque contentissimo di quello che ho fatto. A Reggio comunque ho ancora amicizie importanti e le conservo. Un'ultima cosa, ci tengo: voglio salutare tutto il pubblico di Reggio Calabria, che mi è rimasto nel cuore».
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