REGGINA: CRONACA DI UN SACRILEGIO

03.11.2025 11:00 di  Valerio Romito   vedi letture
REGGINA: CRONACA DI UN SACRILEGIO

La scossa ha avuto durata brevissima: se qualcuno avesse guardato tutta la partita senza puntare mai lo sguardo verso la nostra panchina, dall’analisi della prestazione avrebbe avuto difficoltà a capire chi fosse l’allenatore, se il nuovo o il vecchio.

Lungi da noi buttare la croce su Torrisi, ad oggi il meno colpevole per ragioni chiaramente oggettive, ma semplicemente constatare come contro l’Igea la squadra, dopo gli spiragli mostrati, seppur a sprazzi, a San Cataldo quantomeno dal punto di vista caratteriale, abbia fatto almeno dieci passi indietro a proposito di aggressività, cattiveria, persino voglia, cioè proprio quelle caratteristiche cercate dal nuovo tecnico e volte a “pareggiare” le peculiarità degli avversari di turno stante la razionale impossibilità di poter incidere in pochi giorni dal punto di vista tecnico tattico.

A tal proposito ci vengono in soccorso alcune statistiche: se dalla Sicilia si era tornati con cinque cartellini gialli ed un rosso, ieri pomeriggio il solo Girasole ha rimediato un’ammonizione sul finire del primo tempo, sintomo inequivocabile che chi avrebbe dovuto gettare il cuore oltre l’ostacolo, soprattutto dopo lo svantaggio, ha evidentemente continuato a credere che bastasse usare tacco e punta per avere la meglio sugli avversari.

Proprio puntare l’obiettivo sui rivali, soprattutto quelli già affrontati e quasi tutti che ci precedono in graduatoria, finisce per aumentare a dismisura la rabbia e la delusione riguardo l’andamento in campionato degli amaranto: dando ormai per scontato che la Reggina attuale sia tutt’altro che quella corazzata che un po’ tutti avevamo giudicato nel precampionato, risulta davvero poco credibile anche concepire che vi siano almeno dieci squadre più competitive, quantomeno dal punto di vista tecnico, rispetto alla nostra, opinione ampiamente suffragata dall’avere constatato, sul campo, che le sconfitte o comunque le mancate vittorie siano state causate da fattori che nulla hanno a che fare con la qualità dei singoli protagonisti.

Con questo non si vuole minimamente sminuire la drammaticità della situazione, ma semplicemente rendersi conto che il non vincere questo campionato andrà a costituire un vero e proprio sacrilegio, difficilmente comprensibile e dunque perdonabile, nonché probabilmente ripetibile in futuro, con la convinzione però che alla fine la classifica ha sempre ragione nel definire i veri valori in campo, che soprattutto in questi campionati non possono essere limitati alla cifra tecnica, ma anche a quei fattori che, se assenti, finiscono per annullare qualsiasi gap qualitativo.

In quest’ottica non possiamo non chiederci: ha davvero senso, al 3 di novembre, considerare chiuso un campionato che non è giunto neanche ad un terzo del suo cammino, o è davvero possibile condividere l’ottimismo di mister Torrisi su concrete possibilità di tornare in corsa per le posizioni di vertice? Chiaramente un cuore di tifoso vorrebbe ancora sperare di poter ancora agguantare la vetta di un torneo tutt’altro che trascendentale; tuttavia rispetto a quanto visto sin qui, risulta francamente illusorio poter nutrire fiducia riguardo quello che ad oggi apparirebbe un vero e proprio miracolo sportivo: stante la situazione, sarebbe già un successo recuperare la dignità di poter uscire soddisfatti al termine dei novanta minuti, piuttosto che continuare a subire certe umiliazioni.

Cercare di darsi una spiegazione per giustificare il perseverare di determinati atteggiamenti risulta sempre di più un’impresa disperata, ed il dubbio che possa non trattarsi di una semplice questione atletica appare sempre più fondato: in ogni caso, come già ribadito nelle scorse settimane, nessuno può sentirsi esente da responsabilità, ma proprio nessuno, perché focalizzare l’attenzione su qualcuno piuttosto che qualcun altro rischierebbe semplicemente di dare qualsivoglia alibi a chi di giustificazioni in questo momento non ne merita.

Tocca invece, e su questo continuiamo a non avere dubbi, alla società l’obbligo di trovare soluzioni ad una situazione che settimana dopo settimana rischia di incancrenirsi, nella convinzione che evidentemente il solo cambio dell’allenatore si stia dimostrando non sufficientemente risolutivo: dimostri chi di dovere, ora più che mai, di essere degno di fare calcio a Reggio Calabria non disdegnando, se del caso, di operare una vera e propria rivoluzione in seno a quadri tecnici ed agonistici, mettendo da parte chi non se la senta di dare tutto sè stesso per la causa amaranto; ove ritenesse di non essere in grado di agire senza remore, abbia l’onestà di rivolgere analogo trattamento verso se stesso.

Ciò che in ogni caso non sarà più accettabile, al di là di come finirà la stagione, sarà dover continuare ad assistere a nuovi spettacoli indecorosi: ne prendano atto tutti i protagonisti, dimostrando il dovuto rispetto ad una storia che non merita di essere ulteriormente calpestata in questo modo.