L'angolo dei Tifosi, la Reggina perde la C per un solo punto: le vostre mail, PARTE 5

E' bastato un solo punto per lanciare un'altra squadra in serie C e lasciare la Reggina in mezzo all'inevitabile fuoco incrociato dei "fenomeni" social, zittiti da oltre 10 domenica e ringalluzziti dal mancato approdo diretto tra i Prof.
Riprendiamo a dare voce ai tifosi amaranto, chiedendo però rispetto per i pareri altrui e rispetto per le persone, invitiamo si anche ad essere critici, ma con lucidità e oggettività. Dite la vostra sulla gara, sulle prospettive della squadra, sulla continuazione della stagione.
Scrivete il vostro pensiero a tuttoreggina@libero.it.
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Buongiorno a tutti. Innanzi tutto porgo un forte ringraziamento alla dirigenza amaranto per averci regalato emozioni vibranti fino a venti minuti dalla fine del torneo. Sulle cause del fallimento dell’obiettivo sportivo annuale, che non è beninteso un fallimento ma un insuccesso che nel calcio ci sta, ritengo siano ascrivinili ai seguenti motivi: 1) il mercato estivo è stato parzialmente balbettante e a volte contraddittorio, troppe a mio avviso le porte girevoli tra arrivi e partenze di giocatori; 2) il tecnico Pergolizzi (del quale non discuto minimamente le abilità e capacità, a differenza di molti) è stato sempre titubante fino a quando non se ne è andato non essendo stato in grado di dare all’organico a sua disposizione l’identità e la fisionomia tattica che egli desiderava non per sua incapacità come molti, forse troppi tifosi reggini pensano, ma per inadeguatezza dell’organico al suo credo calcistico, che è rispettabilissimo, come dicono i risultati conseguiti in altre piazze. Punto 1) e punto 2) sono responsabili del manato raggiungimento dell’identità della squadra e conseguentemente delle sue incertezze nelle scelte e nelle rotazioni in partite chiave (vedi Scafatese alla seconda giornata, Acireale alla quinta e Siracusa alla sesta, dopo il successo esterno sull’Igea) che avrebbero dovuto lanciarci in orbita. Nella testa di Pergolizzi c’era un modulo diverso da quello di Trocini, il 3-5-2, incompatibile con quell’organico a disposizione e certo in attesa della (non avvenuta) integrazione itra agosto e settembre in quella chiave tattica dove per caratteristiche LAARIBI non era adatto e dovevano arrivare altri centrocampisti diversi per caratteristiche da Dall’Oglio e Urso e almeno un attaccante di stazza fisica, alla Maggio. 3) la tardività della sostituzione di PERGOLIZZI: personalmente sono convinto per non dire certo, che PERGOLIZZI se ne sia andato di sua iniziativa una volta resosi conto del disastro tecnico di cui è responsabile la società al 70% e lui al 30%; la società perché non gli ha messo a disposizione i giocatori adatti alle caratteristiche del 3-5-2 che egli intendeva prevalentemente praticare. Tutti i problemi nascono quindi in estate, tra luglio e agosto e così alla sesta, dopo Siracusa, eravamo già fuori dai giochi. La situazione si è aggravata quando Pergolizzi ha insistito a rassicurare che avremmo recuperato dato che era uno specialista in recuperi come fatto a Campobasso. Tempo micidiale è stato perso tra settembre e ottobre fino a che a novembre si è avuta la svolta che, evidentemente, non è bastata e forse neanche poteva. Rientrato Trocini la società gli ha dato due elementi a completamento del suo 4-3-3: Grillo e De Felice (+ Capomaggio per Bonacchi) e siamo arrivati a 3 punti (uno dopo il ritiro dell’Akragas) non riuscendo a completare la rimonta sempre per il solito motivo dell’organico corto (non numericamente ma qualitativamente) come dimostrano i 3 punti persi in casa col Siracusa, i 2 con il Pompei, i 2 con la Nissa e forse anche i 2 persi a Scafati. Adesso non si compia anche l’errore di aspettare il ripescaggio perché sarebbe un miracolo se avvenisse. Si vada subito a bloccare quei 4 giocatori chiave che ci sono mancati e che il Siracusa ha preso da Trapani e Vibonese ovvero Acquadro, Convitto, Terranova e Bonan perché dobbiamo metterci intesta di dover stravincere la prossima D.
Distinti Saluti
Libero
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La Reggina resta in Serie D e per chi conosce bene questa città non è una sorpresa, ma il frutto amaro di anni di occasioni mancate. Questa non è solo la storia di una squadra, ma il riflesso di una città che ha perso il coraggio di pretendere di più.
Per troppo tempo ci siamo accontentati di parole, proclami e facciate. Abbiamo creduto a chi prometteva senza costruire, abbiamo lasciato correre errori evidenti, abbiamo applaudito chi ci dava illusioni invece che basi solide. E questo non riguarda solo la società, ma anche il mondo intorno: istituzioni che hanno preferito sostenere invece che vigilare, e un’informazione che troppe volte ha fatto da cassa di risonanza invece che da voce critica.
Il calcio, come la vita di una città, ha bisogno di coraggio. Palermo, Bari, Catanzaro hanno rotto i meccanismi della mediocrità, hanno saputo voltare pagina, forse loro malgrado, ma lo hanno fatto. Ora le evidenze sono queste. Qui, invece, si è scelto di restare fermi, di vivacchiare, di sperare che la passione bastasse a tappare le falle. Ma la passione non basta, senza metodo, senza investimenti, senza visione.
Chi ama la Reggina oggi deve dirlo chiaramente: è finito il tempo degli alibi. Chi non è all’altezza faccia un passo indietro, chi racconta questa storia torni a fare il proprio mestiere fino in fondo, e chi resta lo faccia con il coraggio e il rispetto che questa maglia e questa città meritano.
Mi consentirete, gentile redazione, un commento critico a proposito della risposta che avete dato a un vostro lettore (Antonio), che non conosco.
Il tono usato nella risposta non solo è inadeguato, ma mina la credibilità stessa del lavoro di un giornalista o di chiunque si occupi di comunicazione. Un giornalista, soprattutto quando si rivolge al pubblico, ha il dovere di distinguere tra critica e insulto. La lettera di Antonio era dura, ma poneva domande legittime: chiedeva più spirito critico, più indipendenza, più coraggio editoriale.
La replica, invece, è scivolata nell’attacco personale, nel sarcasmo facile, nel rifiuto di entrare nel merito.
Un redattore serio, davanti a una critica così, avrebbe potuto rispondere in modo adeguato e costruttivo. Magari così: “Antonio, grazie per averci scritto. Il nostro impegno è raccontare la Reggina nel modo più completo possibile, e accettiamo volentieri anche le critiche, perché ci aiutano a fare meglio. Continueremo a raccontare con onestà, ma ascolteremo anche le voci dei tifosi, perché questa squadra appartiene a tutti.”
Rispondere in modo sprezzante significa rinunciare al ruolo di servizio che ogni testata locale e non dovrebbe avere. Significa dimenticare che senza tifosi, senza pubblico, senza dialogo, anche il giornalismo sportivo perde senso. E forse, in fondo, quel lettore non ha tutti i torti, pur non eccellendo nella forma della comunicazione.
Vi ringrazio per l’attenzione e vi esorto al coraggio e alla responsabilità che rendono nobile il mestiere del giornalista. La Reggina, e Reggio Calabria, hanno bisogno anche di questo.
Cordiali saluti,
Giuseppe
LA REDAZIONE RISPONDE: Gentile Giuseppe, però deve stare più attento e non scadere nella facile polemica. Noi abbiamo sempre dato spazio ai tifosi, sia quelli che sono critici verso qualsiasi compagine societaria che ha in mano le sorti della Reggina che quelli che invece lo sono meno. Esempio, veda le ultime mail dove tanti tanti, in maniera molto più garbata del signor che Lei ha citato, hanno detto la propria senza scadere in accusa gratuite e arroganti. Non è una difesa della categoria, ma non si può più accettare un giudizio evidentemente non competente (il signor da Lei citato non è chiaramente un rappresentante del settore), verso la stampa. Noi non sappiamo nulla di vaccini o fisica quantistica e non ci permetteremmo mai di mettere in discussione i pensieri di chi ha studiato e ci lavora da anni e anni. Il calcio è popolare perché davvero tutti "studiano" e magari anche capiscono qualcosa dello sport in questione, i social hanno poi sdoganato la facoltà di ognuno di noi di esprimersi su ogni tipo di cosa: ma resta la differenza tra chi dimostra di non conoscere i fatti e chi invece ha una voce autorevole o quanto meno competente. Sulla critica verso questa società: ogni dirigente è criticabile, ma a Reggio Calabria abbiamo vissuto DUE DISASTRI EPOCALI e ancora ci permettiamo di non aver tratto alcuni tipo di insegnamento? E allora, in questo caso, proni o non proni, c'è davvero un problema molto serio che va concretamente analizzato, ma da uno molto bravo.