Gozzi (neo consigliere federale): "Non c'è spazio per 100 club Prof. B e C devono avere solo proprietà italiane. Le tifoserie hanno una colpa"
Antonio Gozzi, patron della Virtus Entella e da poco consigliere federale in quota Lega B, ha parlato a Tuttosport e ha proposto di riavviare i discorsi in merito alla riforma dei campionati:
"Lo spazio per 100 club professionistici non c è, quindi potremmo ripartire dall'idea di Gravina e di quella riforma che prevedeva una riduzione della C, alla quale provare ad applicare agevolazioni e aiuti da semiprofessionismo. I dati della B, poi, sono impressionanti. Negli ultimi cinque anni ha perso un miliardo di euro, che significa 200 milioni a stagione. Assurdo che, a fronte dell'aumentare delle perdite, salgano i salari".
Poi Gozzi sottolinea la necessità di avere una B e una C "italiane", comprese le proprietà dei club: "Immagino uno scenario con un torneo di Serie A al top, che possa competere a livello internazionale e i cui club facciamo parte di quel circuito globale delle competizioni tipo la Champions, dove i diritti tv crescono e possono garantire una sostenibilità. E poi il resto delle squadre dovrebbero ritrovare proprietà italiane che siano stabili e continue, con un forte legame con il territorio. In fondo, vendiamo il campionato di B e quello di C con slogan come “il campionato degli italiani”, allora diamo concretezza a quello slogan, perché è intrinsecamente vero. La B e la C rappresentano l’Italia dei 100 comuni, sono radicate nei luoghi, vivono anche di un campanilismo che, nella sua accezione sana, rende più appassionanti le sfide. L’omologazione al business internazionale non è possibile a quel livello e, soprattutto, mortifica l’originalità. Noi siamo bravi in quanto originali".
Analizza Gozzi, imprenditore importante in Liguria: "La B oggi è molto più difficile di sei/sette anni fa. I budget sono più alti e le risorse più scarse e, poi, arriva il Palermo e paga 40 milioni di ingaggi! Noi siamo una città piccola e partiamo con un divario di un milione e mezzo di incassi in meno rispetto alla media. E anche i diritti tv sono scarsi: come neopromossa prendiamo una cifra inferiore perché c’è la tassa di ingresso a favore del paracadute dalla A alla B. Insomma alla fine ci arriva qualcosa come 3,5 milioni. Quindi è molto difficile sognare la A, ma mai dire mai. Il problema è che le dinamiche salariali sono esplose: oggi in B un attaccante importante guadagna fra i 400mila e i 600mila euro netti, dieci anni fa, Caputo prendeva 180mila ed è stato la transazione più importante per la B quando l’abbiamo ceduto all’Empoli per 4 milioni".
Dice Gozzi: "La teoria economica non riesce a spiegare la logica di chi compra al top quando è chiaro che ci sarà il crash. Parla di “comportamenti semirazionali”. Ecco, così posso spiegare l’irrazionalità dei presidenti che spendono più di quello che incassano. Sono mossi dall’ambizione, dall’ingordigia di visibilità, dalla sindrome del fallimento, cioè di non riuscire a vincere, dall’idea di essere riconosciuti come vincenti sul loro territorio... forse altri meccanismi psicologici e non. Le tifoserie esaltano le figure dei presidenti, aumentandone l’irrazionalità. C’è un pensiero diffuso che spinge a cercare i giocatori importanti, invece la cosa più razionale sarebbe operare con quelli che in economia chiamiamo gli “undervlued asset”, giocatori che possono essere pescati in campionati inferiori, ma possono performare anche a livello più alto. Franzoni noi l’abbiamo preso in Serie D, in C era un top player e oggi fa la B adeguatamente. È arrivato fra i pro tardi, a 26/27 anni, ma ci può stare. In questo meccanismo perverso di aumento dei costi hanno un peso pure gli allenatori che non fanno giocare i giovani, perché avere dei giovani in squadra aumenta la probabilità di errore, ma così i giovani non emergono e si alimenta il circolo perverso".
