REGGINA: VOGLIAMO DAVVERO CONTINUARE TUTTI COSÌ?

18.11.2025 14:00 di  Valerio Romito   vedi letture
REGGINA: VOGLIAMO DAVVERO CONTINUARE TUTTI COSÌ?
© foto di Demetrio Micalizzi

La cruda verità di una stagione oltremodo disgraziata consiste nel fatto che, ahinoi, ogni settimana si raschia quel fondo che si credeva di aver raggiunto la settimana prima, e che ogni qualvolta ci si illude di intravedere timidi progressi, il tonfo successivo risulta ancora più fragoroso, roba che neanche il più pessimista degli osservatori avrebbe potuto mai prefigurare qualche mese fa, e sfidiamo chiunque ad affermare o provare il contrario.

Risulta persino tedioso continuare a lanciare accuse su chi dovrebbero essere i colpevoli di tale situazione che oggi fatica a far intravedere alcun barlume di speranza, ed acuita, ancora una volta, dalla visione di una classifica che non fa altro che aumentare a dismisura la rabbia di non essere riusciti a giocarsi un campionato che dimostra, giornata dopo giornata, di essere tutt’altro che trascendentale, con le squadre in vetta che sembra stiano addirittura giocando un torneo a perdere.

Che la responsabilità ricada in gran parte sulla società è un dato che non può più essere messo in discussione, come accade in tutte le aziende in crisi: detto questo, le azioni che andranno poste in essere da oggi in poi sarebbe bene siano orientate unicamente a salvare il salvabile, senza guardare in faccia nessuno ma allo stesso tempo evitando le solite dietrologie utili solamente a chi, da questa storia, continua a cercare si succhiare linfa al solo scopo di trarre vantaggi che nulla hanno a che fare con il bene della maglia amaranto, o peggio a proporre soluzioni sconclusionate di cui probabilmente ignora (o  finge di ignorare) i possibili conseguenti effetti nefasti.

Ci riferiamo, in particolare, a chi ancora oggi propone una fantomatica consegna della squadra al sindaco, riesumando un retaggio vecchio come il cucco risalente a periodi storici in cui le squadre di calcio consistevano in entità sui generis operanti in un quadro legislativo pressoché vuoto e, dunque, praticamente immuni a qualunque sistema di controllo, comunque inesistente, ed oggi palesemente in contrasto con qualsiasi norma avente ad oggetto il diritto societario; richiesta che, in realtà, probabilmente cela il desiderio di investire l’attuale classe politica locale di responsabilità in merito all’attuale contesto sportivo.

Continuiamo a ribadire, in questo senso, dei concetti abbastanza chiari e semplici, nonché ovviamente scevri da qualsiasi appartenenza o anche semplice simpatia partitica o personale: la politica, che poco più di due anni fa venne chiamata in causa dalla normativa federale, come avviene in tutti i casi in cui trova applicazione l’articolo 52 comma 10 delle NOIF, ha concluso il suo compito l’11 settembre 2023, cioè esattamente un secondo dopo aver assegnato il titolo sportivo all’attuale sodalizio; a cosa serve, a distanza di tutto questo tempo, lamentarsi di una scelta che poteva essere opinabile anche qualora fosse stata differente, ed in particolare per risolvere l’odierno guazzabuglio?

L’unico modo in cui le istituzioni potrebbero provare a fornire un valido contributo alla causa potrebbe, semmai riguardare la ricerca di un’alternativa all’attuale gestione amaranto, purché si tratti di soluzioni serie, concrete e palesemente migliorative da un punto di vista sia manageriale che economico: a dire il vero però, le recenti esperienze, in tema di tentativi, ci sembra non abbiano assolutamente prodotto nulla di potabile, a meno di considerare tale proposte a scadenza breve, oltretutto lanciate con modalità che quasi suggerivano un automatico rifiuto dell’attuale proprietà, o ancora peggio improbabili ritorni di acclarati aguzzini.

Dunque, in assenza di alternative visibili all’orizzonte, che comunque avrebbero tutte le possibilità per manifestarsi in qualsiasi momento (definire l’attuale “propizio” ci sembra appropriato), chiedere adesso di lasciare equivarrebbe, sic et sempliciter, a sancire la morte immediata dell’attuale compagine ed il conseguente ritiro dal torneo: se è anche vero che qualcuno esplicitamente preferirebbe tale conseguenza piuttosto che continuare ad assistere ad ulteriori umiliazioni, una visione a lungo termine ci proporrebbe un quadro futuro assolutamente incerto, anzi con una sola certezza, ossia la sparizione del calcio amaranto a Reggio per un periodo significativamente lungo.

Alla proprietà chiediamo: dopo quanto successo domenica ed alla luce delle durissime dichiarazioni di Torrisi nei confronti della squadra, è plausibile pensare, se ovviamente si ha ancora fiducia nel tecnico, di essere esentati dall’operare quella rivoluzione tecnica che, ad oggi, appare l’unico rimedio possibile ove ancora si possa salvare qualcosa? Quali potrebbero essere le conseguenze di un immobilismo in un concetto di squadra ormai palesemente compromesso sotto ogni punto di vista?

Ai calciatori, soprattutto ai reggini sia di nascita che di adozione, domandiamo cosa provino nel vivere una situazione così derelitta, rifiutandoci di credere che vorranno essere ricordati quali protagonisti della più vergognosa debacle sportiva che la città abbia mai vissuto: è il momento di dare tutto ciò che è possibile ancora dare, ma ove ritengano di non essere in grado o, per qualsivoglia motivo, non abbiano incentivi a farlo, abbiano almeno l’onestà di fare un passo indietro per amore della loro terra; al nuovo tecnico, a cui non può certo essere imputato quasi nulla di un quadro strutturale preesistente al suo arrivo, chiediamo franchezza e soprattutto lucidità su ciò che ritiene ancora fattibile per dare un senso alla stagione, evitando però che le ambizioni personali finiscano con lo stridere rispetto al bene della squadra.

Infine una considerazione sul tifo, la cui contestazione alla società, nell’attuale contesto, appare certamente inevitabile per non dire scontata; tuttavia spesso le modalità ci appaiono misteriose: rivolgere cori contro la proprietà anche durante tutta la gara, e persino in occasione dei due vantaggi amaranto, ed al contempo omettere qualsiasi tipo di incoraggiamento verso una squadra che, per quanto deprecabile spesso anche per atteggiamento, avrebbe magari avuto la possibilità di portare comunque a casa il risultato anche per il rotto della cuffia, come si concilia con l’intento di un sostegno “solo per la maglia” come ben specificato dall’unico striscione esposto? Se si ha comunque l’intento di difendere i propri colori in campo, francamente non ci sembra la via più corretta per farlo.

A questo punto la domanda vera è: vogliamo tutti quanti continuare così, o risulterebbe saggio, da parte di ogni componente in gioco, tentare di agire con l’unico scopo di salvare la Reggina? E per salvare, sia chiaro a tutti, si intende non la permanenza in D, ma la vera e propria esistenza. A questo punto, chi vivrà vedrà.