ESCLUSIVA TUTTOREGGINA/ Meduri (giornalista Sportitalia): "Il presidente Foti ha sempre agito per il meglio"

di Franco Cleopadre - La nuova annata calcistica è alle porte . Riparte il cicaleggio calcistico. I soliti “ cosiddetti “maldicenti, continuano a seminare scetticismo. Bersaglio preferito la Società, il Presidente, i palazzi ( non quello dell’ufficio inchieste) , l’Allenatore, questo o quel calciatore. Coloro, che appartengono allo zoccolo duro della tifoseria , individuano la parte mezza piena del bicchiere, pur non lesinando ,ove dovuto,critiche ai soggetti sopracitati. In quest’ottica vogliamo segnalare la nostra delusione quando, venerdì 5 agosto, intorno alle 11 del mattino, dopo esserci recati al Sant ‘Agata per ritirare l’abbonamento, abbiamo trovato gli uffici chiusi ed un avviso che comunicava che erano aperti il pomeriggio dalle 16 alle 18.
Sig. Presidente, ci consenta di affermare che pur conoscendo il periodo di austerità, non possiamo ipotizzare che la Reggina Calcio, non abbia la possibilità di mantenere aperti i propri uffici anche in orario antimeridiano , per soddisfare le richieste della tifoseria. Se così fosse non saremmo alla frutta,ma alle briciole.Tranne che la società non attenda l’emissione degli Eurobond …per attivare il servizio.
Nel lasso di tempo che abbiamo trascorso all’interno dell’impianto ( circa 10 minuti ), almeno altre otto persone sono rimaste deluse per la chiusura. Ecco un altro motivo per il quale, nei momenti che contano, i pigri rispondono picche. A nulla servono gli appelli o le offerte speciali. Il tifoso va rispettato sempre , costi quel che costi. E’ linfa vitale , merce preziosa , motrice e non rimorchio, che la Società non può considerare “usa e getta “,avere insomma a nolo.
Tra i tifosi DOC, c’è Peppe Meduri, già conduttore per più anni del programma televisivo TUTTI IN CAMPO, sulle frequenze di GS CHANNEL . Conseguita la laurea in Scienze Giuridiche, è stato per anni giornalista e commentatore dell’emittente televisiva internazionale Eurosport e conduttore, anchor e coordinatore giornalistico dell’emittente nazionale SPORTITALIA. Ha intervistato tantissimi personaggi del mondo calcistico ed extracalcistico e oggi fa parte dell’Ufficio stampa della Giunta Regionale. Ma il suo amore per la Reggina,anche dopo l’esperienza milanese, è rimasto immutato. Se non assorbito da impegni professionali, è sempre presente allo stadio e quando possibile, non disdegna anche di andare in trasferta. Era immancabile che incontrando Peppe,non si parlasse di Reggina.
Da quando segui la squadra?
“Credo di essere andato allo Stadio per la prima volta a sei anni. Mio papà mi portava sempre a vedere la Reggina e ricordo che, quando il primo tempo terminava in pareggio oppure con gli amaranto in svantaggio, mio padre (grande tifoso amaranto in periodo di odi et amo catulliano) optava per lo spostamento scaramantico in tribuna stampa. Erano anni bellissimi per me, perché assaporavo solo il calcio giocato e non il mondo extracalcistico che negli anni ha reso questo sport un business, rubandogli progressivamente un po’ di dignità. Pensavo soltanto a ciò che facevano i calciatori in campo per poterli emulare nelle partitelle con gli amici”.
Quale calciatore ricordi con maggiore simpatia e perché ?
“Mi piaceva molto Emilio Belmonte, tanto che scrissi il mio primo articolo sportivo a 9 anni in sua difesa, quando era molto criticato dai tifosi. Da bambino adoravo Massimo Mariotto e Maurizio Poli per il carisma e la personalità. Si capisce bene che sono per le “bandiere” quindi non posso tralasciare Simone Giacchetta, che spero continui il suo lavoro in amaranto con risultati ancora maggiori rispetto allo scorso anno, e Ciccio Cozza a cui faccio un grande in bocca al lupo per la carriera di allenatore. Credo che entrambi abbiano scritto le pagine più importanti della storia recente amaranto, come meritano rispetto e ammirazione Emiliano Bonazzoli e Giacomo Tedesco, presenti nella buona e nella cattiva sorte, e mi vengono in mente anche Nick Amoruso, Alfredo Aglietti, Andrea Pirlo, Davide Possanzini.. In termini di simpatia, sul gradino più alto del podio metto Jorge Vargas, che caratterialmente è geniale ed eclettico proprio come quando indossa la divisa, e ho sempre apprezzato Massimo Taibi e Mozart. Penso che la Reggina abbia avuto in rosa tanti ragazzi davvero seri e apprezzati, che hanno dato e ricevuto tanto”.
Cosa prova il tifoso amaranto lontano circa 1500 km da Reggio nel seguire le alterne vicende della squadra ?
“Ho avuto la fortuna di seguire la squadra del cuore anche per lavoro quindi le sono sempre stato vicino, anche se ho cercato (e secondo molti ci sono anche riuscito) di essere obiettivo e imparziale. E’ più facile di quanto si possa immaginare: basta liberare le proprie emozioni solo in ambito privato, così ci si può sfogare a 360 gradi! Nel mio caso, da una parte vivevo il disagio di non poter seguire ciò che accadeva in prima persona, dall’altra godevo di notizie che arrivavano da altri ambienti e non solo da quelli locali. Non pativo la distanza ,ma godevo dei successi e soffrivo per le sconfitte. Anche se il momento più difficile per me fu l’estate di calciopoli. Facemmo ascoltare ai reggini i vari gradi di giudizio grazie alla grande intuizione di Paolo Ficara che mise in piedi un sistema di diffusione micidiale. A Roma, in Via Po, il termometro segnava 35/36 gradi e gli Avvocati Morace, Scoca e Panuccio tirarono fuori gli artigli per mantenere la serie A. Quando il Professor Sandulli dichiarò la penalizzazione di 15 punti, il termometro salì a 50 gradi. Al resto ci pensarono Walter Mazzarri e i suoi calciatori”.
In che cosa si diversifica a tuo modo di vedere l’emittente locale da quella nazionale ?
“Innanzitutto nei telespettatori, perché sono loro a determinarne i contenuti e il taglio. L’emittente nazionale parla ad un pubblico che ha tanti interessi, quella locale ha un maggiore polso della situazione. In tal senso, l’emittente locale ha una grossa responsabilità, perché i suoi telespettatori chiedono approfondimenti specifici su fatti locali che, buona parte delle volte, già conoscono. Dall’altra parte, l’emittente nazionale deve carpire le aspettative del suo pubblico e capire, tra i vari fatti, quali sono maggiormente “notiziabili” per i propri telespettatori. Dal punto di vista tecnico, ovviamente, il discorso è totalmente diverso, anche se ho visto alcune emittenti locali ben attrezzate. La vera sfida per ogni editore è quella di restare al passo coi tempi: aggiornare la propria tecnologia è sempre un investimento positivo, perché da un lato ti permette di abbattere altri costi e dall’altro ti consente di velocizzare i tempi di produzione. Più produci, più vendi, più incassi. Sono diversi anche i modi di lavorare e sicuramente a livello nazionale c’è molta più cura per il particolare. Passando alle professionalità, credo di essere stato molto fortunato perché ho avuto l’onore di lavorare con amici e colleghi straordinari sia tra le emittenti locali che in quelle nazionali. Per fare carriera ci vogliono fortuna e coraggio. E per coraggio non intendo solo quello di chi parte e accetta la sfida, ma anche di chi resta per cambiare e migliorare le cose. Penso che il coraggio maggiore, però, sia in chi va via e poi accetta di tornare. Questa domanda, però, mi permette di fare un passaggio molto importante. Io voglio ringraziare di cuore il Direttore di Sportitalia Bruno Bogarelli, che dopo avermi conosciuto mi ha dato grande fiducia sul lavoro, permettendomi di esprimermi al meglio e dimostrandomi grande umanità in alcuni momenti drammatici della mia vita. Sportitalia è una famiglia in cui anche le situazioni più complicate si risolvono coralmente e vi sono delle professionalità davvero importanti, che riescono a ottenere sempre il massimo dal proprio lavoro, sia dal punto di vista giornalistico che da quello tecnico”.
Uno su tutti?
“Ci sono conduttori, telecronisti e redattori eccezionali. Per tutti cito Michele Criscitiello: un predestinato, può arrivare dove vuole, dipenderà solo da lui. Sarà per via della nostra provenienza meridionale (io Reggio lui Avellino) ma sin dall’inizio abbiamo avuto un ottimo rapporto e io ne apprezzo pregi e difetti, come spero anche lui. Il primo lavoro per Sportitalia l’ho confezionato su indicazione sua e di Daniele Caiola, oggi a Sky, altro ragazzo d’oro dalla preparazione calcistica a tratti imbarazzante al confronto. Nel periodo di Eurosport, invece, ho avuto la fortuna di essere seguito da Stefano Benzi, un uomo da cui si può imparare davvero tanto dentro e fuori dal lavoro, un genio per preparazione e versatilità. Ho arricchito molto il mio modo di lavorare conoscendo Alfredo Pedullà, la cui esperienza è un vero bagaglio da custodire gelosamente. C’è Valentina Ballarini, che potrebbe tenere qualunque palco in stile Piero Pelù, e ci sono altri colleghi che non cito solo per non allungare troppo quanto scritto, ma mi riservo di farlo la prossima volta (convinto che ci sarà!) perché mi hanno insegnato tantissimo e spero che possano ripetersi anche in futuro. Concludo con Marcello Piazzano, maledetto folle poliedrico: un inviato straordinario in qualunque situazione, un conduttore capace di andare in onda per 30 minuti senza alcun contributo video, un telecronista spumeggiante: adesso che non tinge più i capelli sembra quasi una persona seria.”
Ti aspettavi dopo la deludente stagione di Novellino, la cavalcata di Atzori ?
“Ho avuto il piacere e la fortuna di conoscere entrambi e li stimo personalmente e professionalmente. Anche io, come la maggior parte di giornalisti e tifosi, non immaginavo che la stagione di Novellino sarebbe stata così deludente, anche se credo che in quel caso il suo allontanamento sia stato prematuro, così come quello del Direttore Martino, perché si era partiti con un progetto che, nonostante le difficoltà, si sarebbe anche potuto portare a termine considerato il tempo a disposizione per invertire il trend. Mi aspettavo, invece, la cavalcata di Atzori. Ad inizio stagione lo incontrai in aereo e chiacchierando mi disse: “Spero di fare come il Cesena dello scorso anno.” Ci aveva preso, gli è mancata solo un po’ di fortuna, un pizzico di vento in più sul tiro di Rigoni a Novara, oppure un po’ di convinzione sulla conclusione di Sarno. Il calcio è fatto di programmazione ma anche di “fondoschiena”. Lo scorso anno la programmazione è stata seria e azzeccata e ha consentito alla squadra di arrivare ai playoff. Nel momento clou, però, è mancato il “fondoschiena.” Ma al tecnico Atzori e a questi splendidi calciatori non si può rimproverare nulla, anzi spero che la maglia amaranto venga indossata sempre da uomini che, come lo scorso anno, siano in grado di onorarla”.
Qual è stata l’arma vincente per arrivare ai play off ?
“Il gruppo. Lo scorso anno mi è sembrato, in alcuni frangenti, di vedere quella stessa grinta espressa dai calciatori presenti in rosa nel campionato del post calciopoli. L’inizio spumeggiante ha certamente aiutato ma poi è servita la continuità e anche durante la leggera flessione, la squadra è riuscita a tamponare il momento mantenendosi sempre nelle prime posizioni in classifica. Sono convinto, però, che la coesione del gruppo sia stata il valore aggiunto, oltre la qualità dell’organico e la condizione atletica. Inoltre lo scorso anno i ragazzi sapevano di non avere nulla da perdere: nessuno a inizio campionato aveva chiesto loro la serie A. Scendendo in campo così le tue responsabilità sono minori rispetto alla voglia di divertirti e di stupire”.
Se la squadra titolare alla chiusura di questo mercato, dovesse rimanere l’attuale, la ritieni rafforzata o indebolita rispetto alla precedente edizione ?
“Dopo l’annata di Novellino, non mi sbilancio più ad agosto. Penso solo che il calcio sia cambiato, e tanto, soprattutto la serie B. Una volta servivano i grandi nomi, adesso sono più importanti ragazzi interessanti, di talento ma con spirito di sacrificio e voglia di emergere, che siano in grado di stoppare un pallone ma al contempo di correre tanto e tirare qualche calcetto in più quando serve. Certo, ad esempio è stato ceduto Puggioni, il più forte portiere della categoria, e non sarà semplice rimpiazzarlo. Dall’altra parte, però, è rientrato Missiroli, che lo scorso anno è mancato in tutto il girone di ritorno. Lo scheletro dell’organico è più o meno uguale, dico solo che sarà molto difficile ripetere l’entusiasmante stagione passata, ma le premesse ci sono tutte. Penso che Breda punterà in primis sul gruppo e il primo concetto da far capire ai ragazzi è che a loro nessuno chiede di arrivare primi. Meglio bizantineggiare un po’ e chiedere loro di realizzare in ogni partita un gol in più degli avversari”.
Breda è un allenatore emergente. 3-4-3-; 4-3-3-; 3-5-2; 4-4-2; 3-4-1-2. Quale modulo ti entusiasma di più ?
“A me piace molto il classico 4-4-2, ma la bravura di un allenatore è riuscire ad adeguare il proprio credo tattico con l’organico a disposizione. In questo senso, Roberto Breda può dare adeguate garanzie. Innanzitutto perché è un giovane e, per quanto possa avere determinate convinzioni, non può avere maturato un modulo “vangelo” impossibile da modificare. In secondo luogo, quando ci parlai due anni fa da allenatore della Reggina, mi diede l’impressione di saper valutare con molta attenzione le caratteristiche dei propri uomini, per cui sarà in grado di evidenziarne le qualità e nasconderne il più possibile i difetti. Credo che a Salerno, dove è stato bravissimo anche in considerazione delle difficoltà extracalcistiche, prediligesse quel 4-3-3 che a Reggio non si è visto molto negli ultimi anni. Ricordo che quando allenava la Primavera, impostava i ragazzi secondo gli schemi della prima squadra, probabilmente era una strategia concordata con Mazzarri affinchè, in caso di necessità, un giovane fosse sempre pronto. Forse riproporrà il 3-5-2 ma, come canta Battiato, cambiano i regni, le stagioni…”
Ti preoccupano i goal che ha subito la difesa amaranto in questo precampionato ?
“Il calcio d’agosto per me non fa testo. Certo, le reti subite sono tante, molte nate da palle inattive, per cui si dovranno perfezionare i meccanismi difensivi. E si dovrà lavorare molto per far capire agli stessi calciatori che non c’è più un Acerbi pronto a sbrogliare le matasse. Anche se spero possa essere l’anno giusto per Giosa che, non mi stancherò mai di dirlo, è potenzialmente uno dei difensori più forti della cadette ria per tecnica, intelligenza e senso della posizione. Con l’auspicio che il fisico non gli giochi più brutti scherzi”.
Parola d’ordine del mercato, non solo per la Reggina, è sfoltire. Pensi che se non riuscisse a risolvere i problemi di Valdez, Santos, Montiel, Alvarez e qualche altro, lo spogliatoio ne potrebbe risentire ?
“La situazione di qualcuno è già delineata, per gli altri si vedrà nei prossimi giorni. Credo che ne risentirebbero di più le casse societarie, in un momento di grande crisi in cui non bisogna rischiare. In questo senso, il Presidente Foti ha gestito sempre la società con grande oculatezza per cui si può stare tranquilli. Sfoltire la rosa è giusto, ma mi aspetto anche qualche colpo dell’ultimo minuto in entrata che possa dare un pizzico di qualità ed esperienza in più ”.
Un tempo qualche calciatore avvertendo la possibilità di approdare a Reggio, trovava mille scuse per non venire. Oggi, una volta arrivati, non vogliono più andare via. A cosa attribuisci questa metamorfosi ?
“Forse una volta si aspettavano ingaggi più alti, cosa che oggi è impensabile non solo nella Reggina ma nel 90% delle altre società. A parte il grande Roberto Baggio, per al quale il Presidente Foti fece offerte formidabili e che decise di restare a Brescia per motivi familiari, ricordo pochi calciatori degni di nota che rifiutarono la maglia amaranto. E sono convinto che sia meglio così: chi non accetta la Reggina non saprà mai cosa si perde, non solo calcisticamente ma soprattutto per quella che è la qualità della vita in riva allo Stretto”.
Dopo la vittoria ai campionati del mondo dell’82, ci fu un’invasione di talenti stranieri nel nostro campionato. Lo stesso non è avvenuto dopo la vittoria del 2006. A cosa attribuisci quest’effetto?
“Credo che, abbia influito la famosa “sentenza Bosman” in un’ottica di liberalizzazione del mercato dell’Unione Europea. Il calciatore è equiparato a qualunque lavoratore e può godere degli stessi diritti e dei doveri. Per cui, caro Professore Cleopadre, concedemi una parentesi fuori tema: che paghino la tassa di solidarietà anche loro senza fare troppe chiacchiere, perché rischiano davvero di farci una figura barbina. Per quanto concerne gli extracomunitari, soprattutto i sudamericani, ci sono condizioni economiche vantaggiose, ma questa è un’altra storia. Io credo che, come linea di principio, la cantera del Barcellona stia facendo cambiare il pensiero di tante società abituate a puntare su calciatori già formati, che adesso ricominceranno a dare importanza ai vivai. La politica della Reggina lo dimostra: gente come Adejo,Cosenza, Missiroli, i fratelli Viola, Ceravolo, Barillà, provengono tutti dalle giovanili e hanno contribuito ai risultati dello scorso anno. Mi hanno insegnato che a fare spazio ai giovani raramente si sbaglia”.
Quali sono i principali motivi di disaffezione del tifoso per la frequenza allo stadio, in generale?
"Non credo che le tv abbiano ucciso gli stadi, perché come si spiegano gli impianti gremiti negli altri Paesi? Come si spiegano le strutture sempre piene a veder la NBA? La verità è che se allestisci una squadra competitiva il pubblico corre allo stadio. Se la squadra ottiene risultati, il pubblico corre allo stadio. Se ritorni simpatico e coinvolgi bambini e ragazzi, il pubblico corre allo stadio. Se i prezzi sono bassi in virtù della crisi, il pubblico corre allo stadio. Se attorno ai 90 minuti di gioco costruisci altre attrazioni, il pubblico corre allo stadio. Se dimostri al pubblico di rispettarlo e di volerlo “coccolare” la gente corre allo stadio .Altrimenti sta a casa e guarda lo Speciale Serie B su Sportitalia! La Championship (serie B inglese) è il quinto campionato più seguito al mondo e gli stadi sono sempre gremiti: il sesto è la serie A. Eppure anche la Championship viene trasmessa in diretta.
Cosa dovrebbe fare secondo te la società per far ritornare il grosso pubblico al Granillo ?“Quello che ho appena detto”.
Pensi che immettendo forze nuove in seno alla società i risultati potrebbero migliorare?
“Bella domanda, ma non credo di poter rispondere perché fin quando ci sarà Lillo Foti, non vi saranno nuovi ingressi in società. Al momento il progetto Reggina è il progetto Foti: ottenere risultati sportivi salvaguardando i conti e mantenendo in vita questo giocattolo. Quando il Presidente deciderà di voltare pagina, allora venderà a qualcuno una società sana, con prospettive. E questo è il suo principale merito, perché la storia insegna che tante realtà impiegano anni per raggiungere l’apice e spariscono in pochissimi istanti, mentre la Reggina c’è e ci sarà”.
Le norme restrittive, imposte dalla Lega, dopo il caso Catania, hanno ancora motivo d’essere? Ad esempio, il prefiltraggio, ovvero il controllo che viene effettuato all’atto dell’ingresso nell’area dello stadio. Ma lo stesso dicasi per gli striscioni , i tamburi e simili, quando vediamo che all’estero molto è permesso. Alla luce dell’attuale situazione pensi che dette norme potrebbero essere allentate?
“L’inasprimento delle norme è stato dettato da fatti che non devono accadere più e, dati alla mano, sembra abbia portato risultati più che positivi, il che mi spinge a pensare che le norme stesse siano corrette e appropriate. Credo ovviamente che non tutto ciò che è corretto sia necessariamente gradito dalla gente. E’ una questione principalmente culturale, l’esempio dell’Inghilterra è oramai inflazionato ma vogliamo parlare dell’America dove durante i match di basket, football, baseball e hockey gli stadi sono sempre stracolmi di persone che godono dello spettacolo a cui assistono? Ricordo che nei primi anni di serie A, il pubblico reggino vinceva i più importanti premi per la propria correttezza e questo senza perdere mai la cosiddetta mentalità ultras. Per rispondere alla domanda, credo che in questa fase le norme vigenti siano adeguate , ciò non toglie che quando determinati modi di intendere lo sport-spettacolo verranno assimilati realmente dai tifosi e diventeranno prassi consolidate, le norme saranno riviste e attualizzate”
Cosa spinge, secondo te, gente che ha alle spalle una carriera ricca di successi, a dedicarsi al gioco clandestino, bruciando ogni prospettiva di continuare a vivere di calcio,conclusa la carriera in campo ?
“La storia dovrebbe insegnare che si tratta di una vera e propria patologia. Non è semplice capirlo né ammetterlo, ma è una patologia, la diretta conseguenza di una dipendenza da qualcosa che imprigiona l’uomo e lo rende schiavo. Come la droga, l’alcol o la depressione. Purtroppo il gioco clandestino non attanaglia solo ex giocatori ma anche sportivi in attività, il che rende l’idea di quanto, in questi termini, sia una vera e propria malattia da curare. Questi soggetti non comprendono non solo i danni per loro stessi ma neanche quelli che possono causare alle proprie famiglie e alle proprie società. Qualcuno non sarà d’accordo con me perché convinto che si tratta di un semplice vizio, ma a mio avviso è necessario operare delle distinzioni. I fumatori solitamente sono dei viziosi, i drogati sono malati”.
Cosa possiamo dire a coloro che a fine campionato, nel caso di successo, invadono il campo, privando gli altri spettatori della gioia di tributare il saluto ai propri beniamini?
“Possiamo chiedergli di ponderare la voglia di ricevere la maglietta del proprio calciatore preferito con il diritto di ogni singolo spettatore di guardare lo spettacolo dall’inizio alla fine, e sperare nel loro buonsenso. Questa domanda per me è un assist: invece di distribuire le magliette a fine partita, chiederei alla società di metterle in rete all’asta e devolvere in beneficienza il ricavato a fine stagione. Credo che sarebbe un bel gesto.
*Voglio fare i complimenti a chi lavora per tuttoreggina.com, perché si vedono passione e professionalità. E voglio ringraziare il Professore Franco Cleopadre, tifoso capace di razionalizzare le situazioni, che ho avuto il piacere di conoscere proprio all’inizio della mia carriera che, tuttora, è ancora all’inizio. E’ la prima volta che vengo intervistato da una persona che sono sempre stato abituato ad intervistare . Mi scuso per essermi dilungato nelle risposte: avrei ancora molto da scrivere ma quando si ha tanto da dire non è semplice riuscire a sintetizzare i concetti. Per dirla alla Voltaire, “vi scrivo una lunga lettera perché non ho tempo di scriverne una breve.”