REGGINA: GRAZIE, MA DI ASPIRANTI MARTIRI O VECCHI CARNEFICI NON SE NE SENTE PROPRIO IL BISOGNO

La penuria di aggiornamenti sui lavori di costruzione della nuova squadra, che sta caratterizzando questo inizio di estate bollente (almeno climaticamente parlando), tra indiscrezioni di mercato più o meno credibili e lezioncine di management sportivo elargite da chi negli ultimi anni non ha propriamente rappresentato un modello di efficienza in tal senso, è stata bruscamente infranta da una serie di presunti scoop riguardanti vecchie conoscenze del calcio nostrano, attraverso una sequenza di notizie curiosamente caratterizzate da un preciso fil rouge che potrebbe indurre qualche malpensante a presupporre una sorta di operazione coordinata. Ovviamente se fossimo malpensanti. Ma andiamo per ordine:
Nella giornata di ieri abbiamo appreso del proscioglimento dell’ex presidente della Reggina 1914 Luca Gallo, relativamente ad un procedimento giudiziario riguardante una vecchia sponsorizzazione, da parte della società pugliese Dalia S.r.l., avente ad oggetto dei crediti fiscali inesistenti, argomento oltretutto tornato prepotentemente di moda in ambito calcistico visti i recenti casi Brescia e Trapani; a contorno di tale notizia, veniva celebrata una sorta di riabilitazione per l’allora proprietario amaranto, alla stregua di una vera e propria indulgenza plenaria, evidentemente in armonia con l’anno giubilare, a favore di un presunto martire ingiustamente colpito da un giustizialismo cieco e tiranno.
Dopo neanche 24 ore deflagra la bomba che vorrebbe lo stesso Gallo in procinto di riacquisire la maggioranza dell’AS Reggina 1914 in esito ad una supposta trattativa quasi conclusa, anche grazie alla mediazione del sindaco di Reggio Calabria, notizia subito ufficialmente smentita dal sodalizio amaranto ma che è sopravvissuta il tempo necessario per creare sufficiente baraonda nell’ambiante cittadino, tra reazioni comprensibilmente incredule e, incredibile a dirsi, non poche manifestazioni di approvazione, per non dire giubilo, esternate soprattutto a livello social: proprio quest’ultimo tipo di feedback lascia un amaro in bocca difficilmente sanabile, di fronte alla constatazione che, ancora oggi, una parte della città continua ad essere attratta dal fascino di personaggi border line assolutamente equivoci e censurabili, ed oltretutto avendone già pagato pesanti conseguenze per le loro azioni.
Lungi dal voler entrare nel merito di vicende giudiziarie di cui non abbiamo sufficienti elementi, va comunque specificato che l’assoluzione dell’imprenditore romano riguarda un procedimento minore di cui già si conosceva da tempo il probabile esito, mentre lo stesso risulta ancora invischiato mani e piedi in almeno due procedimenti penali di una certa rilevanza: il primo a Roma per un’accusa di auto riciclaggio e omesso versamento dell’Iva, il secondo a Catania per bancarotta fraudolenta: per entrambe le notizie di reato lo stesso è stato oggetto di arresto, sequestro patrimoniale e successiva detenzione cautelare, in esito alle quali iniziò il calvario della Reggina che, in concorso con le azioni del suo successore portò, come ben tutti sappiamo, al fallimento di due anni or sono e dunque rendendolo, a tutti gli effetti, il carnefice della squadra amaranto, seppur in compartecipazione con il lametino. Si capisce bene, dunque, come il tentativo di beatificazione si scontri duramente con un recente e tragico passato e con una realtà processuale molto incerta ed ancora ben lontana da una conclusione chiarificatrice.
Nessuno poi mette in dubbio la circostanza, vantata a più riprese da indomiti (e nostalgici) fan, che lo stesso durante la presidenza amaranto abbia immesso capitali ingenti a favore della squadra: peccato che, derivando in gran parte da imposte non versate (fattispecie già accertata dalla Guardia di Finanza e non contestabile), non fossero soldi suoi ma, paradossalmente, nostri (e di migliaia di padri di famiglia che ancora aspettano quanto dovuto in termini di contributi previdenziali); e che, nonostante il grosso impegno finanziario, abbia comunque finito per lasciare la società gravata di un macigno debitorio di circa 16 milioni di euro a scapito di decine di debitori, volendo persino sorvolare su determinati accadimenti controversi che hanno contraddistinto la sua presidenza, a cominciare dal misterioso malanno di inizio 2022, sulle cui modalità vige ancora un inquietante mistero, con cui di fatto si cercò di giustificare, piuttosto goffamente in realtà, mancati pagamenti della prevista scadenza federale, che andarono poi a causare la prima di tante penalizzazioni che, da lì al successivo campionato, avrebbero tristemente caratterizzato il percorso amaranto in serie cadetta; curioso infine come chi oggi è sempre pronto a stigmatizzare implacabilmente alcune uscite, pur se improvvide, dell’attuale patron amaranto, dimostra invece di aver scordato alcune prestazioni “memorabili” dell’imprenditore romano di origini calabresi, vedi la ormai famigerata maglietta nel derby con il Catanzaro, o la gigantografia impressa sul pullman della squadra in pieno stile da leader nordcoreano.
Difficile capire, francamente, quali possano essere gli scopi di talune operazioni mediatiche, se non quelli di creare l’ennesima situazione instabile in un momento in cui invece ci sarebbe bisogno di serenità e chiarezza, seppur nella necessità di tenere desta l’attenzione generale per cercare di non far sottovalutare il rischio di una piazza delusa e che, come ripetiamo da giorni, aspetta risposte immediate e significative.