Ma quale Ferguson dello Stretto. Presidente, si innamori dell'idea giusta

25.05.2013 00:00 di  Danilo Mancuso   vedi letture
Ma quale Ferguson dello Stretto. Presidente, si innamori dell'idea giusta
TUTTOmercatoWEB.com
© foto di Federico De Luca

Era il gennaio 2007 e la Reggina, andando oltre ogni previsione, si presentava al giro di boa ancora  viva. In città, allo scetticismo dovuto ad una penalizzazione mortifera per una realtà come quella amaranto, andava sempre più sostituendosi un clima di fiducia, quasi di convinzione: il miracolo sportivo della salvezza era possibile. Nessuno avrebbe osato intaccare un meccanismo, quello creato da Mazzarri, potenzialmente in grado di scrivere la storia. Nessuno tranne Lillo Foti. Al quale brillarono gli occhi, quando l'amico Preziosi mise sul tavolo 3 milioncini di euro per accaparrarsi la metà di Leon. La storia dell'honduregno è nota: mandato di anno in anno in giro per l'Italia, fino a quando Mazzarri decide di scommettere su di lui, facendone la mina vagante del suo 3-4 e qualità. Fulgido esempio di come fare le nozze coi fichi secchi. L'offerta del Genoa era così ghiotta che il presidente dispiegò tutte le energie per chiudere in fretta la trattativa e si dimenticò di informare il buon Walter. Il quale, messo a conoscenza a fatto compiuto, andò su tutte le furie. Non bastò l'acquisto di Vigiani a placarlo, visto che l'arrivo del jolly livornese era già in preventivo e gli accordi erano altri: fino a giugno, i titolari dovevano essere incedibili. Ma “incedibile” è un aggettivo non presente nel vocabolario di Foti. Il presidente riparò bussando alla porta di Lotito e strappando il prestito di Pasqualino Foggia. Tutto è bene quel che finisce bene...

Siamo partiti da questa premessa “fuori tema” per evidenziare due aspetti. Il primo: ecco come un allenatore dovrebbe comportarsi. Essere totalmente autonomo nelle scelte tecnico-tattiche e battere i pugni sul tavolo per farsi rispettare. Poi c'è l'allenatore aziendalista, passivo ad ogni decisione e pronto ad accettare i “consigli” professionali in nome di un bene più grande: quello dell'azienda. Al polo opposto, l'allenatore-manager, che opera a 360 gradi, dal campo al mercato.

Di allenatore-manager pare abbia parlato Foti in una recente intervista e l'ipotesi ha subito stuzzicato la fantasia dei tifosi amaranto. Idea davvero affascinante. Vuoi vedere in via delle Industrie si sta cercando di cambiare radicalmente politica, proponendo un modello gestionale antesignano per il calcio italiano? Bene, ora salvate i vostri progressi con la carriera su Football Manager – dove sicuramente avrete portato il Pontedera di Leone, Maicon, Cherillo e Arrighini dalla Seconda Divisione alla Champions League – e tornate alla realtà. Ma quale allenatore-manager. Come recentemente ha detto un agente a chi vi scrive – e qui arriviamo al secondo aspetto -, «nella Reggina non si muove foglia se non lo decide il presidente Foti».

Francamente, ci accontenteremmo che il prossimo allenatore della Reggina facesse l'Allenatore. A 180 gradi. Come lo ha fatto Mazzarri o, per rimanere ai giorni nostri, come lo ha fatto Pillon. Principale artefice della salvezza, uomo dal quale – per dirla all'americana – compreremmo un'auto usata e tecnico rimasto sempre a testa alta. Sulla sua mancata conferma, Foti si è espresso così: «Lo ritenevo utile in quel momento specifico, non altrettanto ai prossimi percorsi e obiettivi». Stando a queste parole, il prossimo inquilino della panchina amaranto dovrebbe avere certi standard. Sulla piazza ci sono diversi tecnici anche più in gamba di Pillon, ma molti altri meno preparati. Non averlo confermato, obbliga a fare una scelta di qualità. E questa scelta sarà la cartina al tornasole delle intenzioni del patron amaranto. Foti ha detto di avere una rosa ristretta di tre-quattro candidati. Tra questi c'è sicuramente Franco Lerda, un pallino che insegue da tre anni. Chissà che non ci sia anche De Canio: per ora ve la presentiamo come una suggestione. Quando bisogna portare l'esempio di una Reggina che gioca un calcio spumeggiante, si cita proprio la sua Reggina. Bel gioco, esperienza e carattere: lui sì che, a prescindere tutto, sarebbe degno di essere chiamato Sir De Canio...