"REGGINA, NON E' TUTTO SBAGLIATO, MA TUTTO E' DA RIFARE" di Antonio Latella
Padova – Reggina: match tra due squadre mediocri, la cui modestia è certificata dal posto in classifica. Veneti e calabresi sono destinati alla Prima Divisione. Il Padova, però, sembra avere qualche chance in più degli amaranto di disputare i play out. Il risultato di oggi, cioè il pareggio per 2 a 2, conferma il perfetto equilibrio tecnico tra due squadre i cui organici , come confermano il gioco e la classifica, sono composti da elementi che non possiedono le caratteristiche tecniche e la mentalità per disputare un torneo lungo e difficile come quello cadetto. Questo non significa esprimere un giudizio di merito sui singoli giocatori né sul loro impegno in campo. Nulla da dire sull’onestà di calciatori e staff tecnico ( passato e presente). Eventuali responsabilità ( tenendo conto delle attenuanti) sarebbero da attribuire alla mancata programmazione da parte dei vertici dei due club che, non tenendo conto di quanto era successo nel torneo precedente, hanno dotato i rispettivi organici solo per la per partecipare al torneo cadetto. “L'Importante è partecipare”, diceva Pierre de Coubertin.
Se questo proposito fosse stato chiaro fin dall’estate dello scorso anno, probabilmente, i tifosi reggini e patavini, avrebbero accettato con maggiore serenità il fallimento dell’attuale annata calcistica. Invece, no: almeno per quanto riguarda la tifoseria del sodalizio dello Stretto. Partecipare significa avere contezza dei propri mezzi : dire “pane al pane e vino al vino”, invece di illudere con celebrazioni centenarie ( è il caso degli amaranto) e proclami che, oggi, si confermano come l’utopia di Icaro. Ho visto la partita: ecco perché scrivo. Violo così la consegna del silenzio. Sento il dovere di farlo, dopo che per anni ho contribuito a formare l’opinione pubblica attorno alla Reggina: dai suoi successi alle sue débâcle, dalle sue retrocessioni alle sue promozioni, dal suo fallimento come sodalizio alla nascita dell’attuale società.
Anche sul fronte calcistico a Reggio si è chiuso un ciclo. Già da qualche anno. E’ capitato anche ai più grandi club. Non dico, assolutamente, “tutto sbagliato”, ma esprimo la convinzione “bartaliena” ( ero tifoso di Fausto l’airone) che, adesso, “è tutto da rifare”. Come? Non possiedo soluzioni, ma un consiglio mi permetto di darlo. Evitiamo i processi, le condanne e, soprattutto, inseguire l’ombra della vendetta ( intesa come dialettica sportiva) che, dovendo ricominciare, potrebbe diventare un grosso macigno sulla strada del futuro. La parola d’ordine è rifondare: la società, la squadra, lo staff tecnico - organizzativo, la mentalità della tifoseria. Altrimenti non si va da nessuna parte come c’insegnano gli esempi che ci riportano sull’altra sponda dello Stretto o che ci fanno rimanere nella nostra regione. Il passato amaranto non si dimentica, neanche nel momento della disfatta. Ma per rialzarsi occorre scendere dal podio della superbia, dal blasone che ha caratterizzato la Reggina della serie A. La nobiltà calcistica di ieri non è più quella di oggi, con al squadra penultima nella cadetteria, e, soprattutto, non sarà per niente simile a quella di domani, posto che la Reggina sarà in grado di disputare il campionato unico di Prima Divisione.