CASO CAMBIO DENOMINAZIONE MAGNA GRECIA - La CFA rigetta altro ricorso congiuto con Curatela Fallimentare Reggina Calcio 1986: ecco il dispositivo

27.03.2019 18:32 di  Redazione Tuttoreggina  Twitter:    vedi letture
CASO CAMBIO DENOMINAZIONE MAGNA GRECIA - La CFA rigetta altro ricorso congiuto con Curatela Fallimentare Reggina Calcio 1986: ecco il dispositivo
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© foto di Antonello Sammarco/Image Sport

Volevano creare “APD Reggina Calcio”, in barba al fatto che una Reggina ci fosse già, la stessa che oggi milita in serie C e che è stata acquistata da Luca Gallo.

La Corte Federale d'Appello, a Sezioni Unite, ha bocciato il ricordo dell'APD Magna Grecia, attuale affittuaria dei beni materiali appartenuti alla fu Reggina Calcio spa 1986, avverso il rigetto del ricorso del TFN riguardante la richiesta, anch'essa rigettata, del cambio di denominazione.

Dunque, altro stop per la APD Magna Grecia e per la Curatela Fallimentare della fu Reggina Calcio, il cambio di denominazione non si poteva effettuare, come proposto.

Ecco il dispositivo completo:

Il Tribunale Federale Nazionale, Sezione Disciplinare, con decisione pubblicata mediante Com. Uff. n. 39/TFN del 17.12.2018, si è pronunciato sul ricorso proposto ex art. 30 del C.G.S. CONI dalla società APD (Magna Grecia) Reggio Football Club avverso il provvedimento del 20.9.2018 (notificato alla ricorrente in data 28.9. 2018) con il quale il Commissario Straordinario della FIGC ha respinto la richiesta di cambio di denominazione sociale. Nel provvedimento avversato in prime cure l’organo commissariale opponeva la tardività della detta istanza siccome avanzata oltre il termine perentorio del 5.7.2018 previsto dall’art.17 delle NOIF.

Nel procedimento di primo grado, con atto del 3011.2018, spiegava intervento ad adiuvandum il Fallimento Reggina Calcio S.p.A.. L’organo di prime cure, all’esito del procedimento contenzioso, con la decisione qui gravata, dichiarava inammissibile l'intervento del Fallimento Reggina Calcio S.p.A. e, al contempo, respingeva il ricorso della A.P.D. (Magna Grecia) Reggio Football Club perché infondato.

Avverso la suindicata decisione, dopo aver preannunciato la proposizione della presente impugnazione, ha ritualmente interposto reclamo, anzitutto, la A.P.D. (Magna Grecia) Reggio Football Club all’uopo deducendo l’erroneità e l’ingiustizia del provvedimento di prime cure sulla scorta dei motivi di appello di seguito sintetizzati e che saranno poi in prosieguo passati in rassegna.

1) Una corretta ricostruzione delle fasi che hanno cadenzato la tempistica dell’aggiudicazione alla ricorrente della concessione in affitto del complesso aziendale facente capo al Fallimento della Reggina Calcio confermerebbe la sussistenza di una causa di forza maggiore tale da impedire la presentazione entro il termine prescritto del 5.7.2018 della richiesta di cambio di denominazione sociale;

2) Ed, invero, in disparte la circostanza della dichiarazione di dell’aggiudicazione solo in data 25.6.2018 e della scadenza del precedente rapporto contrattuale il successivo 30.6.2018, nel costrutto giuridico attoreo il perfezionamento del nuovo rapporto, mediante la indefettibile fase costitutiva della stipula del contratto, risultava impedito, in apice, dalla disciplina del nuovo codice dei contratti di cui al d. lgs 50/2016 e, segnatamente, dalle previsioni recanti la clausola cd. dello stand still, di talchè la formazione dell’accordo si era resa possibile solo in data 23.7.2018;

3) Inoltre, e sotto diverso profilo, la Curatela sarebbe rientrata nell’effettivo possesso dei beni solo a seguito della loro consegna, avvenuta il 12.7.2018;

4) Meriterebbe, anzi, fermo apprezzamento il diligente comportamento della ricorrente che, nonostante i suddetti impedimenti, in data 14.7.2018, aveva formalmente approvato, a seguito di apposita assemblea straordinaria, il cambio di denominazione da A.P.D. (Magna Grecia) Reggio Football Club a APD Reggina Calcio, formalizzando il successivo 20.7.2018 l’istanza poi denegata. Di poi, con proprio mezzo, in data 12.1.2019, anche il Fallimento Reggina calcio S.p.A. ha rassegnato le proprie controdeduzioni, all’uopo chiedendo la riforma del capo della decisione di primo grado con la quale il Tribunale aveva dichiarato inammissibile l’atto di intervento e, per il resto, concludendo per l’accoglimento della domanda formulata da A.P.D. (Magna Grecia) Reggio Football Club.

Resiste avverso le suddette pretese la FIGC. Le medesime conclusioni sono state rassegnate dalle parti all’esito dell’odierna udienza di discussione.

La Corte Federale d’Appello, nella composizione a Sezioni Unite, a seguito dell’udienza di discussione, e della successiva camera di consiglio, ha reso la seguente decisione.ù

Motivi della decisione

La Corte, letti gli atti di gravame, sentite le parti presenti ed esaminati gli atti ufficiali, ritiene che il ricorso in epigrafe sia infondato e che, pertanto, vada respinto. Preliminarmente, in rito, va rilevata l’inammissibilità delle doglianze veicolate dal Fallimento Reggina calcio s.p.a. mediante le controdeduzioni compendiate nell’atto notificato il 12.1.2019. Appare, invero, di tutta evidenza come il suddetto atto, strutturato in motivi di critica articolati avverso i capi della decisione di prime cure, debba essere qualificato come una vera e propria impugnazione di cui, invero, presenta le relative caratteristiche strutturali e funzionali.

Ne discende, pertanto, la predicabilità delle disposizioni codicistiche che governano l’esercizio della relativa facoltà e, tra esse, del combinato disposto degli articoli 33 e 37 del C.G.S. che ne prescrive la proposizione, a pena di decadenza, nel termine perentorio di 7 giorni dalla pubblicazione della decisione, disposizione qui manifestamente elusa. Ed, invero, la decisione del TFN è stata pubblicata mediante Com. Uff. n. 39/TFN del 17.12.2018 mentre il gravame, così riqualificate le suddette deduzioni, è stato proposto solo il 12.1.2019.

Le suddette norme, nella loro cogenza, resa esplicita dal comma 6 del successivo art. 38 c.g.s., a mente del quale “tutti i termini previsti dal presente Codice sono perentori”, si pongono a presidio della primaria esigenza di conferire certezza, in tempi brevi, alle situazioni regolate dall’ordinamento federale. D’altronde, anche a voler ritenere l’iniziativa in argomento come un autonomo atto di intervento, l’inammissibilità della partecipazione del Fallimento al procedimento de quo si impone anche sotto distinto profilo: deve, infatti, qui ribadirsi quanto già correttamente rilevato in prime cure quanto alla inconfigurabilità in capo al suddetto soggetto di una posizione soggettiva giuridicamente rilevante nell’ordinamento di settore, tale da legittimare, ai sensi del combinato disposto degli artt. 6 e 34 del C.G.S. CONI, il proposto intervento

. L’art. 34 c.g.s. CONI, in coerenza con il principio generale codificato al sopra richiamato art. 6, prevede che: «1. Un terzo può intervenire nel giudizio davanti al Tribunale federale qualora sia titolare di una situazione giuridicamente protetta nell’ordinamento federale”. Nel caso qui in rilievo si rivela dirimente la circostanza che il Fallimento della società Reggina Calcio non risulta più essere affiliata alla FIGC ed è, dunque, estranea e terza rispetto ai soggetti che operano nel suddetto ordinamento.

Nel caso in cui il rapporto con le Federazioni sia cessato medio tempore viene, infatti, meno il «compromesso» che vincola al rispetto della giurisdizione endofederale chi non è piú tesserato (cfr. Coll. gar. sport, prima sezione n. 26 17 luglio 2015, in www.coni.it). Quanto al merito, giova qui preliminarmente ribadire, in punto di fatto, gli snodi essenziali del procedimento in argomento, mutuati dalle risultanze istruttorie acquisite agli atti anche in ragione delle deduzioni delle parti, ove non contestate:

- in data 8.6.2016 il Tribunale di Reggio Calabria – Sez. Fallimentare, con sentenza n. 11/2016 dichiarava il fallimento della società Reggina Calcio S.p.A.;

- a seguito del fallimento, l’intera azienda fallita veniva inizialmente concessa alla società URBS Reggina 1914 S.r.l.; - al termine della stagione sportiva 2017/2018, la Curatela del fallimento Reggina Calcio S.p.A. decideva, però, di non rinnovare il rapporto in corso, avente scadenza 30.6.2018, ed indiceva una nuova procedura di affidamento, da valere a decorrere dall’1.7.2018, che si concludeva, in data 25.6.2018, in favore dell’odierna ricorrente A.P.D. (Magna Grecia) Reggio Football Club;

- le attività attinenti alla consegna dei beni oggetto del bando si completavano in data 12.7.2018;

- in data 14.7.2018 il direttivo ed i soci della società aggiudicataria deliberavano di modificare il cambio di denominazione in “APD Reggina Calcio”; - in forza di tale deliberazione, la ricorrente provvedeva in data 20.7.2018 a richiedere il cambio di denominazione societaria alla FIGC LND- Comitato regionale Calabria ed il successivo 23.7.2018 stipulava il contratto di fitto; - in data 20.9.2018 il Commissario Straordinario emanava il provvedimento di diniego qui impugnato, opponendo la tardività della detta istanza siccome avanzata oltre il termine perentorio del 5.7.2018 previsto dall’art.17 delle NOIF.

Tanto premesso, e ferma restando l’obiettiva e non contestata elusione del divisato termine di scadenza prescritto dalla disciplina endofederale, l’ambito cognitivo del presente procedimento verte sulla sussistenza di valide ragioni esimenti, idonee a suffragare la pretesa attorea della non esigibilità, nel caso qui in rilievo, del termine sopra richiamato assumendo la ricorrente di essersi oggettivamente trovata nella impossibilità di onorarlo per fatti estranei alla propria volontà. L’opzione esegetica privilegiata dal giudice di prime cure si fonda sulla insussistenza dei presupposti per la configurabilità di una causa di forza maggiore in quanto sin dalla data di aggiudicazione ed, indipendentemente dall’effettiva consegna dei beni, la ricorrente avrebbe ben potuto presentare in tempo utile la domanda di cambio di denominazione sociale.

Orbene, ritiene la Corte che la decisione del Tribunale Federale rifletta una sufficiente capacità di resistenza alle censure articolate con il mezzo qui in rilievo. Ed, invero, occorre prendere abbrivio della perentorietà del termine fissato dall’art. 17 delle NOIF che si pone a presidio di esigenze di una proficua organizzative dei calendari agonistici evidentemente necessaria ad assicurare il razionale avvio della stagione sportiva ed il suo ordinato svolgimento.

Segnatamente, il comma 2° della mentovata disposizione prevede che “II mutamento di denominazione sociale delle società può essere autorizzato, sentito il parere della Lega competente o della Divisione Calcio Femminile o del Settore per l’Attività Giovanile e Scolastica, dal Presidente della F.I.G.C. su istanza da inoltrare improrogabilmente entro il 15 luglio di ciascun anno; per le società associate alla Lega Nazionale Dilettanti tale termine è anticipato al 5 luglio”.

Tanto premesso, deve, anzitutto, rilevarsi come l’ordinamento federale, espressione della libertà associativa, ben può dotarsi di regole proprie, funzionali al perseguimento degli scopi statutari ed, all’atto dell’affiliazione, ciascun soggetto accetta la normativa federale, alla quale, dunque, deve sottostare. Orbene, appare di tutta evidenza come, già sulla base di tali preliminari considerazioni, alcun fondamento possa riconoscersi alla pretesa dell’odierna ricorrente di sottrarsi alla disposizione sopra richiamata facendo valere, con la pretesa automaticità, la dedotta impossibilità di coniugare con la tempistica imposta dalla normativa federale gli adempimenti connessi alla gestione della procedura di evidenza pubblica cui aveva liberamente deciso di partecipare.

E’, invero, la società ricorrente che, dopo averne verificato la compatibilità, avrebbe dovuto uniformare le proprie scelte imprenditoriali alle regole dell’ordinamento endofederale e non viceversa. Va, dunque, revocata in dubbio, in apicibus, la stessa predicabilità con effetto scriminante della situazione qui dedotta (tempi di gestione della procedura di affidamento) indipendentemente cioè dall’effettiva inconciliabilità con la tempistica imposta dall’art. 17 delle NOIF.

Ad ogni buon conto, ed in disparte quanto fin qui rilevato, già di per se stesso assorbente, deve soggiungersi che va esclusa in radice l’esistenza della situazione di forza maggiore su cui la ricorrente fonda il proprio costrutto.

A tal riguardo, è sufficiente osservare che, una volta scaduto il precedente contratto (il 30.6.2018), e per effetto dell’aggiudicazione perfezionatasi fin dal 25.6.2018, non sussistevano ragioni ostative ad una gestione della procedura de qua (di cambio della denominazione sociale) nel rispetto della scadenza del termine del 5.7.2018. E’, infatti, di tutta evidenza come, ai fini qui in rilievo, assuma una valenza neutra il differimento al 12.7.2018 delle attività di consegna dei beni: in disparte la mancanza di conferenti elementi di prova idonei a dimostrare l’ineluttabilità di tale differimento, deve soggiungersi che la disponibilità giuridica in capo al Fallimento della denominazione, non necessitando di una materiale traditio, doveva ritenersi esigibile fin dal 1.7.2018. Né hanno pregio le ulteriori argomentazioni incentrate sulla pretesa valenza impeditiva esplicata dal codice dei contratti pubblici di cui al d. lgs 50/2016 e, segnatamente, dalla clausola che, a mente del comma 9 dell’articolo 32 del decreto citato, impedisce di stipulare il contratto prima di trentacinque giorni dall'invio dell'ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione.

Ed, invero, già in punto di fatto è sufficiente notare che nel caso qui in rilievo:

- il contratto è stato stipulato in data 23.7.2018, prima cioè che decorresse il termine suindicato (l’aggiudicazione è del 25.6.2018); - prima del termine suddetto, ed indipendentemente dalla stessa stipula del contratto, la ricorrente ha deliberato (in data 14.7.2018) il cambio di denominazione ed inoltrato (il 20.7.2018) la domanda. A ciò deve aggiungersi, anche per completezza espositiva, che la procedura d’incanto gestita dalla Curatela fallimentare, evidentemente soggetta al rito fallimentare, risulta, sia soggettivamente che oggettivamente, estranea all’ambito di applicazione del Codice dei contratti pubblici.

Trattandosi di una fase di una procedura giurisdizionale appare del tutto improprio equiparare il giudice delegato e la curatela ad una stazione appaltante così come, sul piano oggettivo, è di tutta evidenza come l’oggetto della procedura sia rappresentato da un contratto attivo (concessione a terzi di un diritto di godimento) mentre la disciplina del codice dei contratti resta circoscritta ai contratti passivi. Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, il ricorso va respinto.

Per questi motivi la C.F.A., così dispone:

- dichiara inammissibile l’intervento del Fallimento Reggina Calcio SpA;

- respinge il ricorso come sopra proposto dalla società APD (Magna Grecia) Reggio Football Club di Reggio Calabria (RC).

Dispone incamerarsi la tassa reclamo.