REGGINA: BASTA GIOCHETTI, CHI HA LE CARTE IN MANO DICHIARI IL PUNTO

27.03.2024 13:45 di  Valerio Romito   vedi letture
REGGINA: BASTA GIOCHETTI, CHI HA LE CARTE IN MANO DICHIARI IL PUNTO

In attesa di cercare il ritorno alla vittoria, che sarebbe la quarta consecutiva in casa e che aggiungerebbe un altro mattoncino verso la corsa play off, non sorprende che il dibattito in città resti concentrato sulle vicende che, presto o tardi, andranno a definire il futuro societario e sportivo della Reggina, in quale forma ancora non è dato sapere.

Ci si era soffermati, non più di un mese fa (I DISTINGUO SU NOME E MARCHIO E LA RICERCA DEL NEMICO A TUTTI I COSTI) sulla possibilità di percorrere due sentieri paralleli relativamente al cambio di denominazione ed all’acquisizione del brand, ove le procedure relative a quest’ultimo, condizionate dalle vicende giudiziarie relative all’omologa, avessero previsto tempi non conciliabili con le scadenze federali: l’epilogo scaturito dalla sentenza d’appello, aprendo sin da subito la strada alla liquidazione giudiziale, ha ovviamente modificato radicalmente il contesto ove agire, di fatto riunendo i due iter in un probabile unico percorso.

Alla luce delle esternazioni, più o meno recenti e più o meno colorite, di alcuni soggetti dichiaratisi pronti ad accaparrarsi il marchio, nonché tenendo doverosamente conto della normativa federale, possiamo ipotizzare, al momento, non più di tre scenari:

1. La LFA Reggio Calabria acquisisce il marchio dalla curatela e diventa Reggina 1914;

2. Un altro soggetto acquisisce il marchio, acquisisce la LFA Reggio Calabria e diventa Reggina 1914;

3. Un altro soggetto acquisisce il marchio, acquisisce un’altra società già affiliata alla FIGC, cambia sede e denominazione sociale in Reggina 1914.

È abbastanza ovvio, per non dire fisiologico, che la prima possa costituire l’ipotesi quasi naturale per concludere l’intera vicenda, ricordando ulteriormente che l’attuale società, nata secondo quanto disposto dal’art.52 comma 10 delle NOIF, rappresenta l’erede in pectore della tradizione calcistica cittadina; nondimeno, la seconda ipotesi risulta ugualmente plausibile, con l’avvertenza che comunque gli attuali proprietari dovrebbero essere disposti a cedere; sull’ultima vanno obbligatoriamente fatte considerazioni di varia natura.

Innanzitutto, l’art.18 comma 4 delle NOIF consente il trasferimento di un club in un’altra sede solo se ciò avviene tra comuni confinanti, senza possibilità di eccezione per le società non professionistiche: alla luce del contesto attuale, gli interessati dovrebbero rivolgersi presumibilmente a realtà calcistiche già esistenti in ambito comunale, sempre ove naturalmente vi sia reciproca volontà da parte dei rispettivi proprietari, il che, come è facilmente intuibile, significherebbe anche ripartire da categorie ulteriormente inferiori; oltre ciò, sorgerebbe un ulteriore interrogativo, forse ancora più importante: come si concilierebbe tutto ciò con i concetti di storia, identità e tradizione sbandierati e pretesi dalla tifoseria praticamente da inizio settembre, pensando che la nuova società fino al giorno prima aveva rappresentato storia, identità e tradizione (e magari anche colori sociali) appartenenti ad un altro luogo e ad un’altra comunità?

Altre possibilità non appaiono razionalmente praticabili, salvo quella improponibile di ripartire dalla terza categoria, e qui nasce una ulteriore riflessione: in merito alle recenti dichiarazioni su potenziali volontà di avvicinarsi al marchio Reggina, ed anche volendo soprassedere, almeno per il momento, su giudizi o semplici impressioni riguardo il pedigree degli ipotetici avventori, sentire frasi come “compro il marchio e mi diverto per due o tre anni” suona piuttosto offensivamente pensando alle recenti e penose sofferenze patite dai tifosi amaranto (ed ulteriormente acuite da quanto emerso alla lettura della sentenza della Corte d’Appello); allo stesso modo, manifestare la volontà di “prendere il marchio e regalarlo ai tifosi” significa sostanzialmente prenderli in giro promettendo qualcosa di giuridicamente irrealizzabile. Ma soprattutto, esporsi sull’acquisizione del marchio senza specificare apertamente se e quale progetto sportivo, conciliabile con le norme federali, si ha in mente, equivale a fare propaganda spicciola per motivi ben poco chiari, e che in realtà neanche interessano: chi intende giocare in un tavolo del genere sappia che si tratta di una partita seria in cui è bene che si abbiano buone carte in mano, e che si dichiari il punto senza bluffare.

In attesa dei prossimi eventi (e delle prossime mosse), c’è una gara importante da disputare prima delle vacanze di Pasqua, disturbati dal pensiero che, ormai quasi ininterrottamente, siamo ancora costretti a parlare di altro che non sia calcio giocato, il che lascia un retrogusto sempre più amaro.