Intervista a Massimo Bianchi da teambasketviola.it

Fonte: Ufficio Stampa Team Basket Viola Federica Morabito
04.11.2009 13:27 di  Giovanni Tripodi   vedi letture
Intervista a Massimo Bianchi da teambasketviola.it

L’intervista - Massimo Bianchi: passato e presente della Viola

Prima in campo, adesso dalla panchina, Massimo Bianchi, amato Coach della Liomatic Viola Reggio Calabria, continua ad essere protagonista nei momenti importanti della squadra Nero-arancio.
Era il 1985 quando il quintetto reggino raggiunge l’ambito traguardo della serie A1. A vivere ed a far vivere quelle emozioni, che hanno appassionato e coinvolto l’intera città per lunghi anni, c’era proprio lui.
Così, adesso che la squadra rinasce con grandi ambizioni e tanta passione, Bianchi è presente, e lo è alla guida della squadra.

“Difficile dimenticare quei momenti: gli anni d’oro della Viola! – ha affermato il coach Bianchi ricordando il lungo periodo vissuto in riva allo Stretto – Negli anni in cui Reggio usciva dai propri confini purtroppo solo per inquietanti fatti di cronaca, negli anni in cui la Reggina non aveva ancora raggiunto i traguardi di oggi, in quegli anni il basket ed i successi della nostra squadra rappresentavano una forma di riscatto per Reggio, la Viola rappresentava il lato positivo della città. Devo ammettere che allora giocavamo una pallacanestro molto divertente: non eravamo grandi difensori, ma all’attacco facevamo un bel basket ed i tifosi erano fantastici. E lo sono anche oggi, hanno solo bisogno di una squadra nella quale identificarsi”.


Come vedevi la nostra Reggio Calabria allora, e come la vedi oggi?
“Beh, l’impatto non fu facile. Era il 1978, ed io arrivavo qui da milanese, abituato alla grande città del profondo Nord. I ritmi erano molto diversi ma mi sono abituato presto, in fondo questa è una città più a misura d’uomo ed a Milano si viveva una brutta stagione: erano gli anni di piombo. Allora si compivano i primi passi per cambiare il volto di Reggio, stavano iniziando i lavori che oggi hanno portato alla realizzazione di questo splendido lungomare. Rispetto agli anni ’70 ed ’80, oggi vedo una città più pulita, più ordinata; anche le periferie sono più curate, Reggio è cresciuta e si è evoluta, anche nei servizi, avvicinandosi al modello di città europea. Quello che non è cambiato sono le bellezze naturali”.


Da milanese, qual è il tuo rapporto hai col mare?
“Da ragazzino sentivo spesso le canzoni napoletane che soventemente facevano riferimento al mare e non capivo il perché di questa ostentazione. Oggi lo capisco. Il mare è una consolazione, una compagnia, un’emozione e dopo che hai vissuto la sua presenza, quando non ce l’hai ti manca”.


Coach, come ti sei avvicinato al basket, quando è diventata una passione e quando è diventata una professione?
“E’ sempre stata una passione. Ho iniziato a giocare a 12 anni, per caso. Le cose importanti della vita succedono sempre per caso, e non appena avevamo 10 minuti si correva all’oratorio per fare una partita. Ho capito che era diventata una professione quando ho dovuto lasciare la mia città per giocare, e sono arrivato qui a Reggio”.


Di sogni nel cassetto ne avrai realizzati… ne hai qualche altro?
“Ogni uomo li ha! Adesso il mio sogno è quello di riportare la squadra ai fasti di un tempo. Questo è un grande sogno”.


Ci riuscirai?
Ci credo! E’ per questo che ho intrapreso questa strada. Saranno necessari tanto lavoro, risorse economiche, organizzazione, sinergia tra componente tecnica e società e, soprattutto, la partecipazione della gente reggina, altrimenti tutto questo non avrebbe senso. Dobbiamo far innamorare i tifosi, ancora una volta, dei colori nero-arancio. Anche se, devo ammetterlo, oggi i ragazzi hanno dei modelli molto duri con i quali confrontarsi, Ginobili, Sconochini, Oliver, Volkov e tanti altri, ma non si devono scoraggiare perché i tifosi vogliono vedere i loro beniamini che lottano con passione e con il cuore; se poi si incontra una squadra più forte le si battono le mani, da buoni sportivi, ma l’importante è aver dato il massimo.