REGGINA: IL CULTO DEL CARNEFICE

03.05.2024 13:00 di  Valerio Romito   vedi letture
REGGINA: IL CULTO DEL CARNEFICE

Per “patteggiamento” si intende, ai sensi del vigente Codice penale, un procedimento alternativo al rito ordinario attraverso il quale le parti concordano la pena da scontare (con effetti indubbiamente premiali per gli accusati riguardo a durata e sospensione della pena, ininfluenza sul casellario giudiziario ecc.). Presupposto del patteggiamento è, sostanzialmente, l'implicita ammissione di colpevolezza da parte dell'imputato.

Circa una settimana fa, mentre dubitavamo sull’opportunità che il primo cittadino intendesse coinvolgere l’ex presidente della Reggina Calcio 1986 in questo presente, nell’ambito del dibattito su presunti imprenditori interessati a rilevare l’attuale società (“chi è stato protagonista in quegli anni, ha ancora qualcosa da dare. E se nessuno glielo chiede, saremo noi a non farlo sentire escluso“), non eravamo a conoscenza che, da lì a qualche giorno, sarebbe stata emessa una sentenza che, di fatto, certifica le gravi responsabilità in merito fallimento occorso nel 2015 al di là di ogni ragionevole dubbio: non era altresì necessario possedere doni di chiaroveggenza per capire cosa fosse successo in quella maledetta estate di nove anni fa.

Abbiamo dunque la conferma, spietata ed amara, che la Reggina non sia stata iscritta per interessi personali: perché chi avrebbe dovuto provvedere aveva, nel tempo, dolosamente sottratto risorse societarie, omesso di pagare tributi, emesso fatture inesistenti, falsificato scritture contabili. Nulla che, ad onor del vero, non si sapesse già, ma se una verità storica viene corroborata da una verità processuale incontestabile perché frutto anche dell’esplicito riconoscimento da parte degli accusati, allora siamo dinanzi ad una vera e propria certificazione autentica dei fatti.

Nell’eterno dibattito sul peso che bisognerebbe dare a meriti e demeriti, tra successi sportivi e vicende extracampo, tra serie A e fallimento, ognuno è libero di pensarla come crede in base al proprio sistema di principi e sensibilità: noi non ci ritroviamo con chi da anni persiste nella teoria secondo cui chi “ha fatto anche cose buone” possa essere emendato dalle gravi colpe di averne causato la morte: chiedere, a puro titolo di esempio, se a Firenze o a Parma nutrono la stessa indulgenza nei confronti di Cecchi Gori o Tanzi o, restando nell’attualità, un giudizio ai doriani sugli anni di Ferrero e sul fatto che qualcuno dalle nostre parti ne auspichi un coinvolgimento sulle vicende amaranto.

Che poi determinati ragionamenti provengano dai tifosi può essere esecrabile ma comprensibile, ma che le istituzioni cittadine che per prime, a seguito del nuovo tracollo di nove mesi or sono, si sono fatte carico di vigilare affinché nuove figure equivoche non riescano ad avvicinarsi nuovamente alla nostra realtà, possano solo pensare di elevare a mentore uno dei carnefici della Reggina ci sembra operazione tutt’altro che adeguata, per non dire irrispettosa verso chi ha sofferto la perdita della propria squadra in maniera, ed oggi lo si può affermare con grande certezza, assolutamente inopinata, e delle cui conseguenze portiamo inevitabilmente il segno ancora oggi.